domenica 17 marzo 2013

I primi a scrivere "Grillo for president"




Luciano Lanna
15 febbraio 1994. Mentre si sta chiudendo la campagna elettorale che vedrà l’affermazione di Berlusconi e del bipolarismo della cosiddetta Seconda Repubblica, sulla rivista tabularasa compare “E bravo Grillo!”, un lungo articolo premonitore che, in controtendenza rispetto a tutte le analisi di quei giorni, affidava allo showman genovese la prospettiva di un futuro politico. “Ci voleva un comico – esordiva l’intervento – per smuovere le acque putride e stagnanti che ammorbano con i loro miasmi la realtà sociale? Quello che ha detto in due ore di trasmissione Beppe Grillo non sono stati capaci di accennarlo generazioni di politici, anche di opposizione, ignominiosamente succedutisi a pontificare da diverse cattedre, ma tutti proni a un identico, occulto, livellante e degradante potere: quello del dio denaro”. L’articolo, firmato Alfredo Stirati, faceva riferimento a una discussa trasmissione di Grillo andata in onda in quei mesi e la definiva “una magistrale lezione di educazione civica, migliore delle logorroiche e stantie tiritere di accademici tromboni”. E ancora: “Ci voleva Beppe Grillo – vi si leggeva – a far riflettere gli italiani e per far tremare il Palazzo con le sue impietose e dissacranti battute. Onore al merito dunque di colui che, emarginato per anni dalla tv, colpito dall’anatema dei potenti per aver osato scalfire la coriacea corazza da cui sono ben protetti, ha ritenuto opportuno dare la stura a quanto covava da tempo nella sua riflessione, senza più reticenza alcuna, dicendo pane al pane e vino al vino”.
“Ci hai nuovamente donato – proseguiva Stirati, rivolgendosi direttamente a Beppe Grillo – il gusto della dignità, l’idea di poter contare qualcosa con il geniale invito a ribellarci alle vergognose istituzioni, agli enti parassitari, agli usurpatori del potere che riscuotono, nonostante tutto, ancora la stima degli ingenui e degli sprovveduti. Intanto, solo da te è arrivata la denuncia, mamma Rai non t’ha pagato un soldo per il provvidenziale exploit e, per giunta, sparirai per molto dai teleschermi. Ma di ciò non ti preoccupare più di tanto, perché hai dimostrato di aver fegato, più di noi e di quanti brontolano nel sicuro delle mura domestiche o al bar con gli amici ma poi continuano a inchinarsi ai potenti di sempre e a baciare la mano che li ha frustati a sangue…”.
L’articolo si concludeva con un invito esplicito a una pacifica “disobbedienza civile” ispirata direttamente alle denunce del comico: “E allora? Grillo for president? Perché no. Meglio lui di tanti altri. E se tuttavia, se lui non gradisse onorificenze e cariche, cominciamo tutti noi a scrollarci di dosso la soggezione rispetto al sistema del denaro e alla partitocrazia e riacquistiamo la nostra dignità di essere persone autonome e libere, capaci di cambiare un sistema che esiste anche per la nostra colpevole e complice connivenza con lo stesso. Grillo for president, insomma. Perché invece attendere le riforme dall’alto? Perché aspettare dall’esterno il cambiamento, inteso come una paternalistica concessione da parte del liberatore di turno? Perché non fare tutti noi un passo, come dice Grillo, per determinarlo noi questo cambiamento? Tutto potrebbe avvenire hic et nunc, purché lo si voglia…”.
Dovevano passare quasi vent’anni per l’affermazione “politica” delle tesi di Grillo, ma forse su tabularasa si intravedeva comunque qualcosa. E allora vale la pena di spendere due parole anche su quella rivista, messa su nel febbraio del 1992 dal compianto Antonio Carli, toscanaccio libero e libertario vissuto per un quarantennio al fianco di Beppe Niccolai e che con quel foglio proseguiva l’esperienza de L’Eco della Versilia, la precedente pubblicazione battagliera diretta dal fasciocomunista pisano ed ex deputato missino morto alla fine del 1989. Il progetto di tabularasa, nel cui comitato di redazione si ritrovò un gruppetto di persone che alla fine del 1991 ritenevano esaurita politicamente l’esperienza del Msi e che provavano a mettersi in mare aperto, intraprendendo – come si leggeva sul primo numero – “la strada di chi sceglie di uscire dai giochi preconfezionati ma non rinuncia a fare politica, torna anzi a fare politica, a giocare giochi veri e si mette in campo, non in cerca di collocazioni ma di interlocutori. E interlocutori ne stiamo trovando, insignificanti quanti siano, senza bisogno di costituirci in gruppo o area, senza darci un nome o una fisionomia, verificando semmai vivificanti intersezioni e aprendo nuove strade…”. E i nomi di quel comitato di redazione erano scritti in ultima pagina in ordine rigorosamente alfabetico: Gianni Benvenuti, Valerio Bertuccelli, Pietrangelo Buttafuoco Umberto Croppi, Beniamino Donnici, Vito Errico, Luciano Lanna, Peppe Nanni. Persone che liberamente faranno in seguito anche scelte diverse tra di loro ma, quasi tutti, senza mai tornare indietro o subire il richiamo della foresta. Altri amici poi si uniranno nell’impresa, chi per un tratto di strada, chi per un altro. Così, nell’ultima fase, collaborerà Alfredo Stirati, uno studioso che partito da una giovanile formazione evoliana si spostò verso uno spiritualismo libertario vicino ad alcune battaglie dei radicali. E in quel 1994, alla vigilia del primo trionfo del berlusconismo, fu lui a suggerire l’ipotesi “Grillo for president”. Una lucida profezia anche se inattuale e prematura per quei giorni.

Nessun commento:

Posta un commento