mercoledì 13 marzo 2013

Il mio paese mi fa male, e anche la destra, nel suo piccolo...







di Annalisa Terranova

Ho sentito Marcello Veneziani su Radiotre (durante la rassegna stampa a Prima pagina) dire che Berlusconi secondo lui non è di destra. Ha detto: Berlusconi è passato dal centro all’egocentrismo. Mi ha fatto piacere ascoltare questa valutazione, perché negli ultimi anni Veneziani è apparso più che mai assuefatto al coro dei laudatores di un centrodestra costretto al partito-contorno. Mi sono detta che adesso, uscito di scena Gianfranco Fini, per coloro che nel bene e nel male sono stati punto di riferimento di un’area politica, è più facile riflettere sulla vera anoamalia che ha bloccato, o male indirizzato, l’evoluzione della destra italiana negli ultimi vent’anni. Adesso è più facile per tutti dare una risposta alla domanda: può la destra essere rappresentata dal berlusconismo? La risposta era ovvia fin dai primi anni Novanta. Ma solo ora, e per le circostanze che quel mondo disperso sta vivendo, è possibile cominciare a darla (se non per tutti, almeno per alcuni). E tuttavia non si può fare finta di non considerare il poderoso fallimento di tutta quell’area, quella che si chiamò destra sociale, che dalla nascita di An in poi, si diede la missione di evitare che proprio il berlusconismo diventasse il fattore inquinante di una tradizione politico-culturale che aveva pochi punti in contatto con l’allora Forza Italia. Anzi che aveva come punto di contatto solo un anticomunismo datato e di maniera. Pure, i leader della destra sociale hanno avuto responsabilità importanti: Storace ha governato il Lazio, Alemanno ha governato Roma. Entrambi non sono riusciti nel compito di definire una destra discontinua al berlusconismo e nello stesso tempo riconoscibile dall’elettorato di riferimento. Entrambi sono stati risucchiati dal percorso più comodo dell’allineamento acritico su posizioni che non appartenevano alla storia politica di provenienza. Penso a Storace, un tempo organizzatore della manifestazione in cui si lanciarono monetine contro Craxi, che oggi consiglia al Cavaliere di scrivere la letterina a Travaglio alla trasmissione elettorale di Santoro, penso ad Alemanno che guidava il Fronte della manifestazione contro i parlamentari corrotti “Arrendetevi siete circondati” (1993) mentre oggi troviamo un’autorevole esponente della sua corrente, Barbara Saltamartini, dinanzi al tribunale di Milano per difendere Berlusconi dall’accanimento giudiziario. E’ una parabola interessante per comprendere perché i ripetuti appelli alla riunificazione della destra sono destinati al fallimento. Non si può riunificare, sulla base di memorie ante-1994 ciò che nel corso del tempo è diventato qualcosa  di profondamente diverso. Ma occorre farsi del male fino in fondo e ammettere che quello spicchio di destra movimentista, antisistema, appassionata di metapolitica, ecologista, anti-Usa, antimilitarista, allergica alla destra d’ordine, che ha cercato inutilmente di sopravvivere prima ai disastri di An e poi a quelli del Pdl deve ritirarsi da uno spazio che non l’ha mai tollerata e compresa. Uno spazio che, evidentemente, non era il suo. L’alternativa è trasformarsi completamente, come è avvenuto in questi decenni ai tanti dirigenti che militavano nel Fronte della Gioventù anni Ottanta (e la cui esperienza ho raccontato in un libro, Planando sopra boschi di braccia tese) e che, assumendo incarichi prestigiosi, hanno piano piano abbandonato le caratteristiche delle loro battaglie giovanili. Ciò che è necessario è un “rompete le righe” temporaneo per dare a ciascuno il modo di riflettere con cura e onestà intellettuale sul proprio percorso. Anche in questo caso la dissoluzione di Fli, che ha attirato me ma anche altri protagonisti di quell’esperienza del Fronte della Gioventù, può certo aiutare a compiere una valutazione più serena e meno viziata dalla necessità contingente di difendere Fini dagli attacchi dei suoi antichi sodali. Non è la fine di tutto, ma la necessità di misurare le distanze senza le quali si cede solo alla nostalgica mozione degli affetti. Non è solo colpa dei capi, intendiamoci, anche se a loro continua a difettare quella capacità di autocritica che da ragazzi li induceva a beccarsi come galletti furiosi per mantenere immaginarie supremazie territoriali. I capi sono già puniti abbastanza dal conto delle perdite nei rispettivi eserciti in cui sono e saranno affaccendati. La colpa è anche di tutti quelli che non si sono fatti la domanda giusta al momento giusto e ancora aggirano la risposta. Proviamo a farne qualcuna: poteva sopravvivere il Msi che abbiamo conosciuto dopo il 1994 anche se indubbiamente fu il suo volto antisistema (e non certo il folklore neofascista) ad attirare i voti in libera uscita dopo Tangentopoli? Da dove viene, nella destra, questa inclinazione a consegnarsi alle scelte di uno solo, senza mai metterlo in discussione (spettacolo cui ho assistito prima con Fini e poi con Berlusconi e prima ancora con Almirante)? Perché per tanti anni si è fatto finta di non vedere che le svolte di Fini sul fascismo non avevano alcuna corrispondenza nella sua base e venivano accettate per convenienza e opportunismo? Perché ogni elaborazione culturale di quest’area è stata delegata prima ai professori di Forza Italia (Colletti, Vertone, Pera) e poi a personaggi ancora più bizzarri come Sgarbi fino a confidare nei soli editoriali di Feltri e Sallusti? Come si è potuto prendere parte al congresso di fondazione del Pdl contrassegnato dal jingle “meno male che Silvio c’è” e non presentire la catastrofe? Perché accontentarsi di separare la propria identità da quella della Lega solo sul nazionalismo e non anche sulla xenofobia? Perché non riflettere sul fatto che il valore aggiunto della destra al governo è stato inesistente e che ha prodotto solo l’approvazione della Giornata del Ricordo sulle foibe? Mi fermo, perché sono interrogativi dolorosi anche per me. E non dirò “maledetti vi amerò” rivolta ai tanti miei ex camerati con cui non ci diremo più nulla per lungo tempo. Mi viene in mente semmai Robert Brasillach, il Brasillach de “Il mio paese mi fa male”. Quand’è che abbiamo dimenticato di domandarci quanto ci facesse ancora male questo paese, nonostante al governo ci fossimo “noi”? E chi se n’è accorto perché non ha parlato? Perché?



1 commento:

  1. Io iniziai ad urlare nel 1994....e non ho più smesso...ho urlato il mio dolore di innamorato, il mio dolore di deluso, il mio dolore di per aver "seppellito" il mio MSI la mia cuiltura i miei "scontri" la mia voglia di rivoluzione con alla testa un "comandante", perchè nell'intimo di ogni uomo si anela a qualcosa di "forte" e "deciso"...solo i viscidi opportunisti borghesi dichiara fama amano la "democrazia" all'italiana, una sorta di anarchia costituzionalmente integrata. Una deriva autentica di follia per il popolo e di ricchezza per la classe politica e dirigente di questo paese corrotto fino nel midollo. Tutti si sono accorti di quello che stava succedendo, per prima cosa da Fini che iniziò a parlare letteralmente come un prete dentro una sagrestia...uomini con le palle non mormorano abbassando il tono di voce per sembrare più rassicuranti, parlano chiaro a voce squillante e non hanno timore di ciò che dicono! Per la miseria io sto morendo e con me il mio veleno aumenta nel vedere la disfatta di ciò che furono le nostre gioventù...infrante contro un muro di soldi ed interessi, ma oggi come allora il mio cuore è forte ed ama l'ideale di sempre. Il, Popolo Fascista e lo dico ad alta voce senza paura e senza troppi intellettualismi, un Capo ed un Consiglio di "menti" vere....tutto il resto è merda finta...tutto il resto non conta. Amare l'Italia la sua storia, la nostra storia comune ed indissolubile guardare al futuro con piani di sviluppo agricolo ed industriale, assistenza alle famiglie italiane e promuovere l'istruzione a carico dello stato gratuita fino all'università e chi non studia a lavorare. Immigrazione....solo contingentata al fine di dare lavoratori specializzati alle aziende che ne facciano richiesta e non un porto di mare come adesso....Settimana lavorativa di 35 ore per lavorare tutti, dimunire l'apparato statale ministeri e buracrazia (ora si può fare) ridurre del 50% gli stipendi dei funzionari pubblici e quelli dei rappresentanti del popolo. Eliminazione delle auto di servizio, integrazione sanitaria tra pubblico e privato laddove il privato non possa più fare un passo senza la sovrintendenza del pubblico (ed il controllo), permettere l'apertura di attività commerciali ed industriali nonchè agricole in un giorno con sgravio tasse per i primi 3 anni all'11% totale. Assunzioni facilitate con sgravi contributivi del 50% per i primi due anni e successivamente del 30% per il terzo anno con assunzione definitiva a tempo indeterminato. Le soluzioni sono infinite e l'Italia è ancora un paese molto ricco.....e mio figlio mi racconta che lavoarndo dentro una discoteca esistono ancora tanmte persone che in una sera spendono 1.500 euro in champagne...non ditemi che i soldi non ci sono....c'è il malaffare e questo lo si combatte parlando forte, agendo forte, condannando forte e dando esempi forti...non con nani, ballerine, puttane di vario tipo e froci di ogni risma...l'Italia non può essere infangata da uno schifo di gente simile. ma è ciò che è stato permesso....ed io non riesco più a tollerarlo...ed anche qui mi sembra di avere letto qualcosa di molto "democratico"....la parola "CAMERATA" ha un valora unico nella storia e nella cultura....l'Italiano l'ha infangata e nessuno che io sappia ...oggi è un grado di definirsi tale!!
    Per favore non bestemmiamo.....non basta sentirsi "camerati" nel cuore, si deve avere il coraggio delle proprie idee ed opinioni e portarle in fronte a se stessi con orgoglio a testa alta. Buona giornata!

    RispondiElimina