venerdì 26 aprile 2013

Il fascino intramontabile dei perdenti





Annalisa Terranova

Nella storia il fascino del declino è innegabile. Come è innegabile che meritino il ricordo dei posteri non solo i trionfatori ma anche i grandi sconfitti. E lo stesso declino può essere visto come forma decadente di una civiltà (si pensi alle pagine spengleriane sul tramonto dell'Occidente) oppure può incarnarsi in un personaggio. E proprio una sfilata di “perdenti” è quella presentata da Domenico Quirico nel suo ultimo libro, Gli ultimi, la magnifica storia dei vinti (Neri Pozza). Una galleria di ritratti che si apre con Atahualpa, ultimo re degli Inca ucciso dagli spagnoli nel XVI secolo, e si chiude con Benedetto XVI, il Papa che ha dato le inattese dimissioni lasciando ad altri il compito di rigenerare una Chiesa sull'orlo del baratro. Spaziando da un secolo all'altro, da un luogo all'altro, Quirico si lascia attrarre dai personaggi che hanno chiuso un'epoca: l'ultimo imperatore romano Romolo Augustolo, l'ultimo sovrano dell'Impero cinese, Aisin Gioro Pu Yi, l'ultimo comunista Gorbaciov. Sono quelli che devono cedere il passo a epoche nuove. Sono quelli che hanno cuore e anima lacerati tra passato e futuro. Di loro non resterebbe traccia senza il senso romantico del fascino che promana da ciò che sta andando in rovina. Un sentimento largamente diffuso in Europa, fin da quando nel Medioevo si diffusero le miniature della ruota della fortuna, monito ai potenti e ai superbi rappresentati ora al vertice e ora repentinamente precipitati in basso. Un sentimento destinato ad appannarsi parallelamente alla marcia trionfale del progressismo. 
Ma non solo in Europa è radicato il senso del rispetto da tributare ai perdenti. In un famoso libro, La nobiltà della sconfitta, l'orientalista Ivan Morris spiegava il trasporto della cultura giapponese verso la caducità delle fortune umane. Basti citare un famoso adagio giapponese, riportato nel libro di Morris, per comprendere di cosa si parla: “I rintocchi delle campane del tempio di Jetavana scandiscono la caducità di tutte le cose terrene; il colore dei fiori sugli alberi sàla conferma la massima che tutti coloro che fioriscono devono inevitabilmente cadere. In questo mondo i superbi durano solo un istante, come il sogno di una notte di primavera”. (I superbi Tiara durano un istante). C'è una molle dolcezza in questo assecondare le alterne vicende della vita. E c'è consapevolezza della nobiltà di un sacrificio senza risultati pratici nella canzone dei kamikaze citata ancora da Morris: “Mai pensare di vincere! I pensieri di vittoria portano soltanto alla sconfitta. Quando perdiamo, avanti, sempre avanti”. 

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