lunedì 15 aprile 2013

Ripensare Gentile oltre i luoghi comuni


Luciano Lanna


Tra un anno esatto, proprio come oggi, ricorreranno i settant’anni della morte di Giovanni Gentile, forse il più grande e lucido filosofo italiano del Novecento. Una figura sulla quale nel corso dell’ultimo ventennio sono progressivamente caduti i filtri e i pregiudizi che per tanto tempo avevano impedito di coglierne la centralità teoretica ai fini della comprensione metapolitica della vicenda del secolo scorso. Soprattutto grazie all’opera esegetica di storici del pensiero come Augusto Del Noce, Massimo Cacciari, Salvatore Natoli ed Emanuele Severino, la riflessione gentiliana è stata infatti sottratta alle gabbie dei luoghi comuni politicistici e all’interpretazione fuorviante di matrice togliattiana e crociana.
Il fatto che Gentile sia stato ucciso da un commando partigiano col fine di colpire simbolicamente l’intellettuale più in vista del fascismo ha purtroppo portato con sé una lettura condizionata, trasformando, volenti o nolenti, il filosofo di Castelvetrano da un lato in una sorta di santino neofascista e dall’altro in un autore “impresentabile” e da non frequentare per l’accademia che conta. E così la sua importante riflessione, che è – come ha dimostrato Del Noce – la stessa matrice originaria e indiscutibile del pensiero di Antonio Gramsci, è stata per anni tenuta lontana dalle aule universitarie delle facoltà di filosofia, dove si preferì rivolgersi al pensiero heideggeriano il quale, per quanto prossimo a alcune pagine gentiliane, non affrontava la questione della modernità con la stessa radicalità di Gentile.
Ma non c’è solo questo. Permangono infatti altri due luoghi comuni che condizionano ancora la percezione pubblica dell’opera del filosofo siciliano. Due luoghi comuni che, in assenza della conoscenza della sua opera, lo relegano “a destra” oppure ne limitano la portata “politica” al fatto che Gentile sia stato il firmatario dell’unica grande riforma organica della scuola italiana. Per quanto riguarda il primo aspetto, va ricordato che il suo pensiero nasce, già nel 1899, con il confronto diretto con Marx e il marxismo. Augusto Del Noce ha colto questo momento aurorale dell’attualismo proprio nella pubblicazione del saggio su La filosofia di Marx, che venne considerato da Lenin – nel Dizionario enciclopedico russo Granat del 1915 – lo studio più profondo sull’essenza teoretica del pensatore di Treviri. Del marxismo, Gentile respingeva infatti l’aspetto datato e positivistico, ossia il materialismo ottocentesco, ma ne abbracciava in pieno l’ultramoderna dimensione di “filosofia della prassi”, tesa non più solo a interpretare metafisicamente il mondo ma a trasformarlo a cambiarlo. L’attualismo gentiliano non si poneva insomma come una negazione reazionaria e “da destra” del marxismo ma si prospettava, invece, come una rivoluzione “ulteriore” rispetto a quella marx-leninista, in grado non di contrapporsi ad essa ma di aggiungere una dimensione tutta spirituale alla modernità. Per di più, divenuto filosofo ufficiale del fascismo, Gentile volle ripubblicare il suo libro su Marx nel 1937, nel pieno degli “anni del consenso”. E nella Dottrina del fascismo, voce dell’Enciclopedia italiana scritta a quattro mani con lo stesso leader Mussolini, Gentile precisava espressamente che nessuno può “pensare di respingere il mondo a quello che esso era prima del 1789. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L’assolutismo monarchico fu, e così pure ogni ecclesiolatria…”.
D’altronde, fino al 1922 Gentile – da filosofo puro – non aveva mostrato particolare interesse nei confronti del movimento fascista e dell’impegno politico diretto. Poi, il 31 ottobre 1922, all’insediamento di Mussolini al governo venne nominato da indipendente ministro della Pubblica istruzione e resta al ministero fino all’inizio del 1924, quando per dimissioni volontarie lascia. Ma nel giro di un anno, e in assenza di impedimenti di natura parlamentare, ha modo di attuare una serie di decreti che, nel loro insieme,  entrati in vigore nel 1923, definirono quella riforma della scuola che venne percepita come fortemente innovativa e rivoluzionaria rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati, di più di sessant’anni prima (1859). Una riforma che, di fatto, è rimasta in vigore sino agli attuali decreti Gelmini. Ha spiegato in proposito Marco Pannella: “D’altronde Giovanni Gentile era stato presentato fino al 1925 come pensatore liberale e la rottura col conservatore Croce era dovuta anche a questo. E la sua riforma scolastica aveva qualcosa di molto laico, c’è insomma un filone che spiega le cose…”. Lo conferma oggi il filosofo cattolico Francesco Tomatis, secondo il quale il “fascista” Gentile è stato in realtà l’unico autore in Italia di una riforma scolastica e universitaria pensata e attuata “secondo principi liberali ma anche egalitari e persino cristiani”.
L’ultimo apparente paradosso riguarda il fatto, poco noto, che quella di Gentile fu una riforma incompiuta, fu purtroppo solo abbozzata quella del suo successore, sempre fascista, Giuseppe Bottai che avrebbe dovuto portare a compimento la rivoluzione scolastica italiana. Quella delineata infatti nella Carta della Scuola del 1939 fu infatti una riforma complessiva del sistema scolastico che intendeva abolire del tutto i residui ottocenteschi e classisti della scuola italiana di matrice risorgimentale. Il fascista Bottai proponeva un’evoluzione popolare e di massa del sistema d’istruzione, proponeva di aiutare realmente gli studenti meritevoli ma provenienti dai ceti popolari, voleva una scuola media unificata e la parificazione del liceo scientifico con quello classico, la fine della scuola che preparava il vecchio ceto dirigente formato sui classici e diffidente della modernità. Purtroppo, anche a causa dello scoppio della guerra, rimase sulla carta, a eccezione della legge che creava la scuola media, triennale, unificando i corsi inferiori di licei, istituti tecnici e magistrali. Ma quando nel 1962, il centrosinistra di Nenni e Fanfani introdusse la nuova scuola media si ispirò direttamente a quell’impostazione guardandosi bene dal dirlo. E anche questo è un altro aspetto censurato che andrebbe riportato finalmente nella sua giusta luce.

1 commento: