giovedì 2 maggio 2013

Fragole e sangue “alla greca”: proteste per il caporalato nella crisi ellenica


Francesco De Palo
Sud fa rima con una piaga che, più di altre, si apre e brucia. per i riverberi sociali, per quella miscellanea di speranze e sogni che vengono distrutti in un attimo. Il caporalato non è soltanto un qualcosa che riporta alla mente il dramma di Rosarno, o degli extracomunitari che raccolgono pomodori in Puglia e Campania, nell'indifferenza di un Paese a cui importa solo politica e pallone. Ma è una sofferenza comune a chi nel meridione d'Europa lotta per conquistarsi una fetta di libertà, e rischia di lasciarci la pelle. Nella Grecia devastata da memorandum e corruzione, accade che una trentina di braccianti agricoli extracomunitari dediti alla raccolta di fragole si rivolga al capo per chiedere lo stipendio, ma in cambio ricevano fucilate. Il bilancio è di ventinove feriti, con il proprietario del campo di fragole in manette e con il video dei corpi straziati sul terreno e di quelli al pronto soccorso che ha fatto il giro del mondo, con un tam tam in rete grazie all’hashtag di Twitter #bloodstrawberries. Ma contro un'azione delittuosa e vergognosa come questa, la migliore risposta l'hanno offerta i cittadini greci che da quel maledetto 17 aprile non hanno più toccato nei mercati rionali quelle fragole che, seppur preziose in virtù di una zona molto fertile come è quella del Peloponneso, sono scese da tre euro a 75 centesimi. E che quindi visti i tempi di magra potevano essere commercialmente appetibili.Quella frutta è rimasta sui banchi invenduta perché, come ripetono moltissimi cittadini nelle migliaia di mail di protesta che hanno scritto in questi giorni ai quotidiani del paese, sono fragole da cui scorre del sangue. Lo scontro è avvenuto nei campi di fragole di Vouprasia, detta Nea Manolada, alla periferia di Patrasso. I tre assalitori prima hanno sparato in aria per intimidire i braccianti, ma poi hanno colpito indiscriminatamente il gruppo di lavoratori, come dimostrano le immagini strazianti con pozze di sangue nel terreno. L’importo totale dovuto dai proprietari, sostengono i braccianti, aveva superato i 150mila euro e riguardava gli stipendi di sei mesi di lavoro.
twitter@FDepalo

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