mercoledì 15 maggio 2013

Un eroe dei nostri giorni in una "sporca guerra" americana


Alberto Pezzini


Jon Krakauer è uno scrittore affascinato da storie di eroi contemporanei, di uomini dei nostri giorni ma con un cuore grande. Lo aveva già fatto in Nelle terre estreme, dove aveva raccontato la storia di Chris Mc Candless, un ragazzo che buttava la propria laurea e la propria esistenza per ritrovare un primigenio contatto con la natura scoprendo invece una morte di ghiaccio puro. Lo fa ancora una volta con Pat Tillman, il Ranger che muore nell’aprile del 2004, il 22 del mese per l’esattezza, in Afghanistan, per mano di un tragico “fuoco amico” con il libro Dove gli uomini diventano eroi (Corbaccio, pp. 459, euro 18,60, trad. di Marco Sartori). Pat è un bellissimo ragazzo con occhi di ambra contagiosa alla vista, e un fisico tumultuoso da estremo difensore degli Arizona Cardinals, una squadra di football americano neanche troppo famosa. Una sorta di serie B del calcio, praticamente. A vent’anni questo ragazzo che incantava tutti per i propri virtuosismi nella zona della difesa, diventa una sorta di star del football. E lo diventa nel preciso momento in cui rifiuta un contratto da tre milioni e fischia di dollari per restare dentro gli Arizona Cardinals dove – dice – si sentiva a casa e dove “loro” avevano per primi creduto in lui. Il suo procuratore gli strilla al telefono che perderà un’occasione irripetibile, unica, una vita diversa. Pat, scorpione di novembre, non sente ragioni e se ne frega. Resta dove ha deciso che la sua vita debba andare. In effetti il suo carattere volitivo aveva già avuto modo di dimostrarlo anche prima, giovanissimo.


Quando gli dissero che non avrebbe potuto giocare a baseball, fece rotta come una nave corazzata sul football. Partiva da un handicap. Era piccolino, e non aveva un fisico muscolato come quello tipico del giocatore di football. Non ci fu nulla da fare. Cominciò un allenamento di pesi per sviluppare la massa e le fasce muscolari apposite, e si trasformò in un placcatore da paura. Riusciva a intercettare bestioni molto più grossi di lui, e li buttava giù. Aveva una sorta di visione “in profondità” del campo e della difesa. Riusciva a vedere le traiettorie come fili invisibili. La sua forza stava anche in questo. Dopo l’11 settembre del 2001, Pat è sconvolto nel profondo. Medita, rimugina, pensa su ciò che è accaduto a New York. Parla con sua moglie, e parla moltissimo con suo fratello Kevin. Ne viene fuori una decisione a sorpresa, un fuori sacco maledetto. Pat decide di “mollare” il football, una vita fatta di razzi in cielo e sciate in Colorado, risate, bevute, una felicità spessa un dito insomma, per andare in una guerra in un momento in cui chiunque – nelle sue condizioni – non ci avrebbe neanche pensato. Si arruola. Nei Rangers, un corpo speciale, dove il coraggio, la virtù, la lealtà e la fratellanza sono le luci che brillano dentro il tempio. L’allenamento fisico è duro da far male, anche per lui. Non si tira indietro in niente ed il suo carattere volitivo, leale e supersimpatico ne fanno subito un beniamino. Pat scrive un diario, in quel periodo, e confessa alla moglie Marie di essere molto fortunato ad aver potuto sfruttare un’occasione come quella. Dice di aver davvero compreso di avere conosciuto ciò che aveva dentro di sé, un’anima da toccare con le dita.L’epilogo è rosso sangue, e metallico come il suo sapore. Pat muore durante uno scontro per mano dei suoi colleghi amici i quali non lo riconoscono e lo uccidono con raffiche micidiali esplose da circa dieci metri di distanza. La notizia è un urto, un urlo in un deserto. L’amministrazione Bush – che aveva cercato cicicamente di sfruttare al massimo l’eroe del football e farne un esempio di patriottismo da mandare sui rotocalchi – non accetta secondo giustizia l’episodio e lo deforma come dentro uno specchio. E – ciò che più conta – getta un manto gelatinoso sulla verità. Ottiene soltanto di intorbidare un pezzo di cielo nazionale, e di offendere un coraggioso. Eschilo diceva che in guerra la verità è la prima delle perdite. Si deve alla cocciutaggine di sua madre, alla tenacia della moglie e di tutta la sua famiglia, se la verità è venuta a galla lentamente. Nei rapporti scritti per circa tremila pagine sulla morte di Pat si registra una sorta di omertà omogenea, una colata di melassa in cui si perde l’orientamento. Di tutto quanto accadde alla fine venne accusato un generale in pensione, e oggi esiste un libro completo dedicato a un uomo gentile e forte.
Scritto con un piglio narrativo eccezionale, in esso Krakauer riesce a descrivere l’Afghanistan usando una lente color verità, coltivando una ricerca quasi scientifica di come andarono veramente le cose. Un eroe del football che non si lasciò superare dalla vanità: forse lo ferì un orgoglio troppo simile a quello degli dèi?

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