lunedì 25 novembre 2013

Perché l'accordo di Ginevra sul nucleare in Iran è davvero "storico"





Soso

"Questo accordo è un primo importante passo e apre il tempo e lo spazio per andare avanti con nuovi negoziati e raggiungere entro sei mesi un accordo generale''. Lo ha detto il presidente americano Barack Obama commentando a caldo lo storico accordo raggiunto a Ginevra tra il gruppo 5+1 e l'Iran. Il presidente americano ha chiesto ufficialmente, in diretta tv, al Congresso di non imporre nuove sanzioni contro Teheran, che “potrebbero far saltare questa intesa di Ginevra, che è un primo passo promettente."
Dunque trovare un accordo regionale è possibile: parlare di Siria significa infatti mettere a fuoco le cause tutte esterne di quella guerra e il nucleare iraniano ne è sicuramente una, determinante. Parlare di Siria significa ricordare che questa repubblica laica e multiconfessionale è l'alleato principale per la dirigenza iraniana, che considera la sorte di Damasco un proprio problema nazionale.
Parlare di Iran-Siria significa considerare Hizb-Allah, il principale partito shiita libanese la cui componente militare combatte in Siria per Assad ed è stata dichiarata dall'UE, troppo disinvoltamente, organizzazione terroristica.
Parlare di Libano-Siria significa cercar di capire il cui prodest del grave attentato all'ambasciata iraniana a Beirut: chi vuole condizionare cosa in una situazione internazionale così gravida di mutamenti?
Vedere il capo della giunta militare egiziana, generale Al Sisi, trattare col ministro degli esteri di Mosca Lavrov per una base navale russa ad Alessandia e assistere alla rotazione di 180 gradi del presidente turco Erdogan, che in politica estera si orienta ora verso Iran e Iraq, significa valutare eventi radicalmente innovativi che derivano tutti da un dato indiscutibilmente centrale: l'esercito nazionale siriano ha quasi definitivamente riconquistato il proprio spazio statuale, ma soprattutto ha fermato lo tsunami militare, politico e confessionale che immediatamente dopo la Siria, avrebbe inondato il Caucaso, l'Iran e l'Europa. L'Italia in primis, subito dopo i balcani neo-ottomanizzati.

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