giovedì 10 aprile 2014

Cinecittà si mostra. Negli storici Studios un percorso tra sogni e lontane ambizioni






Annalisa Terranova

Merita un’attenzione particolare il percorso espositivo Cinecittà si mostra che ripercorre le tappe della storia di quella che è stata definita la “fabbrica dei sogni” con percorsi guidati e strutture e set permanenti. Cinecittà aveva aperto per la prima volta le porte al grande pubblico nel 2011, in occasione del suo 74esimo compleanno. L’iniziativa, per quanto ancora poco pubblicizzata, sta dando i suoi frutti e potrà forse risollevare in parte i destini di una struttura significativa della storia culturale del Paese. All’ingresso il visitatore viene accolto dalle statue usate per le ambientazioni e le scene di film famosi (tra cui quelle del Gladiatore), vi è poi una sezione dedicata a Federico Fellini, una stanza della sceneggiatura, una ricostruzione in videografica dei costumi di film storici, ed è infine possibile passeggiare all’interno dei suggestivi set Roma Antica e Broadway, il primo scelto da Ligabue per il videoclip del suo singolo “Per sempre” e il secondo utilizzato da Martin Scorse per il film Gangs of New York. Momento clou della visita è l’ingresso all’interno della sala comandi del sottomarino ricostruito per il film U-571 di Jonathan Mostow.



Quest’anno la mostra è divenuta permanente e si è arricchita della sezione “Perché Cinecittà”, dedicata alla nascita degli Studios ricostruita attraverso immagini, video, locandine che rimandano al periodo della fondazione e della prima straordinaria crescita dal 1936 al 1945. Sedicimila metri quadrati di superficie destinati dal regime fascista a diffondere nel mondo “la luce della civiltà di Roma” così come recitava il manifesto pubblicitario degli stabilimenti di Cinecittà. L’inaugurazione, nell’aprile del 1937, viene raccontata dai cronisti in modo aulico e con toni retorici che a distanza di decenni fanno sorridere. Una grandinata infatti accolse l’arrivo del Duce nella struttura ma, appena Mussolini mise piede nell’immenso cantiere, tornò a splendere il sole. Così racconta l’episodio Alberto Consiglio sulla rivista “Cinema”: “Sino a pochi istanti prima che il Duce entrasse nel nuovo cantiere dove la fatica produttiva s’iniziava, scrosci violenti di pioggia e di grandine sembrava volessero ricordare alla folla dei presenti le bufere che si erano dovute attraversare. Ma all’arrivo del Capo ecco splendeva, in un cielo purissimo, il più fulgido sole romano, quasi a benedire il lavoro ardente degli uomini”.



Le attese così entusiasticamente dipinte non furono deluse. Nel suo Cent’anni di cinema italiano Gian Piero Brunetta fornisce alcune cifre significative che vanno lette però tenendo presente che nel 1938 viene varata una legge protezionistica che blocca la produzione straniera al fine di assecondare sul piano interno quella che venne definita una vera e propria “baldoria produttiva”. “Dal 1938 al 1940 – scrive Brunetta – gli incassi della produzione nazionale passano dal 13 al 34%, ma già nel 1942 superano il 50% mentre quelli relativi alla produzione americana, senza sparire del tutto, scendono dal 63% al 22. In proporzione cresce il numero di film prodotti: nel 1938 sono 45, nel 1940 86, nel 1941 91 e senza raggiungere l’obiettivo di 120, fissato nel 1942 dal ministro Pavolini, nel momento più duro della guerra si sfiora quota cento con 96 documentari e nel 1943 il numero di film realizzati è superiore alla sessantina”. Il cinema diviene lo spettacolo per eccellenza e Cinecittà, soprattutto negli anni della guerra, diviene il punto di confluenza di “innumerevoli fughe oniriche”. Che Mussolini fosse il vero regista e motore di tutta la macchina dei sogni lo dimostra del resto un episodio poco conosciuto e ciò l’incontro tra il Duce e la grande regista tedesca Leni Riefenstahl alla quale Mussolini chiese di girare un film sulla bonifica delle paludi pontine. Invito che venne cortesemente respinto dall’interessata alle prese con le avances di Hitler e di Goebbels. 


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