giovedì 2 ottobre 2014

1974-1994: il ventennio di "quel" Giornale montanelliano



Lorenzo Randolfi

È il 17 ottobre 1973, Indro Montanelli lascia il “suo” quotidiano, quello in cui aveva cominciato da ragazzo a fare il giornalista, cioè il Corriere della Sera per incompatibilità con l’indirizzo culturale politico impresso proprio nel 1973 dai proprietari Crespi e dal direttore Piero Ottone. Da subito Indro, da buon sovversivo cresciuto alla scuola dei Longanesi, Prezzolini e Berto Ricci, raduna un gruppo di fedeli amici e inizia la sua congiura: vuole dar vita a un quotidiano tutto suo, che abbia il suo imprinting e si stagli contro il conformismo e il servilismo della cultura mainstream e di larga parte del giornalismo italiano. L’anno dopo, il 25 giugno 1974, uscirà il primo numero de il Giornale nuovo, poi soltanto il Giornale.
Queste le parole del primo editoriale: [...] Questo quotidiano nasce da una rivolta e da una sfida. La rivolta è contro uno stato di fatto che espone i giornalisti a ogni sorta di condizionamenti padronali e corporativi. La sfida è alla ineluttabilità di questa situazione. Noi siamo convinti che un gruppo di uomini professionalmente selezionati e fermamente decisi a servire soltanto il lettore possono ottenere da lui quanto basta a sostenere la loro impresa senza bisogno di mettersi all’ombra – e alla greppia – di un «protettore». I più benevoli ci definiscono sognatori. I più malevoli, pazzi. Noi ci consideriamo soltanto sensati.[...] Vogliamo creare, o ricreare, un certo costume giornalistico di serietà e di rigore”.
“Uomini professionalmente selezionati” per un quotidiano libero, senza parrocchie presso cui ripararsi o alle quali pagare la decima. Come Montanelli, insomma. Il Giornale, nel ventennio montanelliano ’74-94, diviene uno dei prodotti più alti del giornalismo non solo nostrano ma anche europeo. Vi collaboreranno le firme più raffinate del tempo, accomunate tutte non tanto da un orientamento ideologico, ma da una affinità di stile e di carattere. Indro Montanelli vorrà attorno a se personalità anticonformiste, controcorrente, dal respiro cosmopolita e dalle biografie attestanti l'amore per la libertà. La sua creatura sarà un aggregatore di intelligenze vive provenienti spesso da quella borghesia illuminata, seria e laboriosa che ammirava e a cui si rivolgeva, proprio come Longanesi anni prima aveva cercato di fare con il Borghese. Una borghesia di veri “cives” che in Italia era minoritaria, quasi inesistente, più ideale che reale. Tutta da inventare. Era il sogno dei due irriducibili scettici: Indro e Leo.
Molta importanza venne data alla terza pagina, che si voleva riempisse quel piccolo spazio lasciato libero dal giornalismo ideologizzato da destra o da sinistra e asservito alle ragioni della politica.
Basta leggere alcuni nomi dei collaboratori per farsi un’idea. Enzo Bettiza, ad esempio: italiano di dalmazia, di educazione mitteleuropea, liberale, penna elegante, autore di numerosi reportage dall’Est Europa. Guido Piovene: raffinato scrittore, autore tra gli altri di Lettere di una novizia. Aldo Garosci: torinese, gobettiano, azionista, e pannunziano. Nicola Matteucci: eminente studioso di filosofia politica, liberale, fondatore della rivista “Il mulino” di Bologna. Raymond Aron: politologo francese, liberale di destra. Geno Pampaloni: azionista, poi collaboratore di Adriano Olivetti per molti anni. Giorgio Soavi: ex ragazzo di Salò, liberale, critico d’arte e organizzatore, anche lui stretto collaboratore di Adriano Olivetti. Fu lui a suggerire il nome del quotidiano. Rosario Romeo: liberale e repubblicano, uno dei più importanti storici del Risorgimento. Renzo De Felice: storico, onesto studioso del fascismo. Alain de Benoist: pensatore della Nouvelle Droite francese. Marcello Staglieno: intellettuale conservatore, studioso della Conservative Revolution, in futuro senatore leghista e anche direttore del Secolo d’Italia. Mario Praz: erudito e accademico, critico d'arte e letteratura, amico di gioventù di Giovanni Papini. Nicola Abbagnano: filosofo torinese, esponente dell’esistenzialismo italiano, autore di Manuali per i licei tuttora utilizzati. Masolino D’Amico: studioso di letteratura inglese. Antony Burgess: il celebre scrittore inglese, cattolico e di destra, autore di romanzi come Arancia meccanica o L’uomo di Nazareth. Gregor Von Rezzori: scrittore mitteleuropeo, degno erede di autori come Stefan Zweig o Joseph Roth. François Fejto: intellettuale poliedrico, ungherese vissuto in Francia, accademico all'illustre facoltà di Sciences Po a Parigi. Eugene Ionesco: drammaturgo di origini romene. Vittorio Dan Segre: giornalista e diplomatico israelita, scomparso di recente. Sergio Quinzio: studioso di religioni. Carlo Ludovico Ragghianti: storico dell'arte. Gianni Granzotto: giornalista e storico, poi amministratore Rai, Fieg, Ansa.
E poi una rosa di cronisti del calibro di Egisto Corradi, Lucio Lami, Egidio Sterpa. Il quotidiano arriverà a un picco di 240mila copie di tiratura, stazionandosi comunque attorno a una media 150mila. Un enormità per l'esiguità dei mezzi economici a disposizione e per il pubblico cui naturaliter si rivolgeva.
Poi arrivò il 1994, Il Giornale venne trasformato dall’editore Berlusconi in un’arma di propaganda per lo schieramento di centrodestra. Montanelli di nuovo lasciò. Certamente il Giornale diventò un’altra cosa. E Montanelli prima fonderà La Voce, poi tornerà, collaborandovi fino alla sua morte nel 2001, al Corriere della Sera.  

Nessun commento:

Posta un commento